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Dopo aver analizzato le basi dell’adattamento, vediamo un po’ più da vicino, grazie anche alle informazioni fornite dal manuale “Allenare per Vincere” sulla metodologia dell’allenamento (Edizioni SDS), i tempi di adattamento.

Studi scientifici hanno mostrato come per un’atleta di alto livello, i margini di adattamento diventano sempre più ridotti e con essi anche i margini di miglioramento. Ad esempio, in una competizione dove il livello prestativo degli atleti è molto ravvicinato, il margine minimo di miglioramento che ogni atleta può avere per ottenere la vittoria è solo dello 0,3%.

Inoltre, sappiamo dalla letteratura scientifica che, ad esempio, il cambiamento minimo significativo per poter considerare un adattamento è nell’ordine dell’1% per gli atleti della maratona e della mezza e dello 0,5% per quegli atleti di distanze più brevi (Hopkins, Hewson, 2001). 

Queste riflessioni portano a dover precisare che la formazione di processi di adattamento, siano essi a breve o a lungo termine, non può essere prolungata all’infinito. Inoltre, da quanto in precedenza esposto, è chiaro come non sia solo importante considerare le fasi di adattamento e la scelta corretta (sia a livello quantitativo che qualitativo) degli stimoli, ma anche le fasi di recupero a seguito della somministrazione di uno stimolo. 

Il recupero

Il recupero, quindi, dovrebbe essere sempre considerato come parte integrante dell’allenamento in quanto non solo strumento indispensabile per smaltire la fatica accumulata a seguito di una o più sedute di allenamento, ma anche per permettere ai processi di adattamento di operare in maniera efficace ed efficiente, in modo da elevare il grado delle capacità prestazionali che sono specifiche di una disciplina sportiva. 

In maniera molto grossolana, quindi possiamo considerare come un recupero: 

  • troppo ampio porterebbe a stimoli troppo distanti fra loro, determinando, quindi, l’assenza, o la perdita dell’adattamento; 
  • troppo breve porterebbe a stimoli troppo ravvicinati fra loro, determinando, quindi, un ritardo negli adattamenti e, nei casi più gravi, a degli stati di sovrallenamento; 
  • corretto porterebbe a stimoli correttamente dosati sia in intensità che in durata, consentendo un adattamento ottimale. 
Indicazioni sui tempi di recupero

In linea generale e assolutamente non particolareggiata, abbiamo la possibilità di suddividere i tempi di recupero di alcuni dei più importanti processi fisiologici. Avremo quindi che, ad esempio: 

  • la fosfocreatina, molecola organica altamente energetica e d’immediato utilizzo, e che permette elevate intensità di lavoro, si ricostituisce parzialmente dopo circa 30 minuti; 
  • il glicogeno muscolare, fonte energetica per tutte le prestazioni sportive di durata superiore a qualche decina di secondi fino ad un’ora circa, può ricostituire le proprie riserve non prima di 2-4 ore; 
  • il metabolismo delle proteine, cioè delle componenti strutturali, ha bisogno di 36-48 ore per ristabilire le proprie scorte. 
Il ruolo fondamentale del Preparatore Atletico

Tuttavia, la suddetta classificazione è assolutamente generale. Di conseguenza, poiché i tempi di manifestazione degli adattamenti biologici sono diversi secondo il tipo di adattamento che vogliamo indurre, è assolutamente necessario prendere in considerazione l’eterocronismo degli adattamenti biologici. Questa espressione significa che forme diverse di stimoli allenanti sovraccaricheranno l’organismo in modi e tempi tra loro diversi e quindi l’ampiezza e la durata dell’adattamento si differenzieranno a seconda del tipo di stimolo. 

Di conseguenza, si dovrà stabilire di volta in volta quale sia la durata ottimale di ciascun allenamento e controllare, durante lo svolgimento dell’allenamento stesso, se si stanno verificando gli adattamenti prefissati o meno. Occorre, quindi, sottolineare come il controllo dell’allenamento è importante non solo perché permette di verificare l’accuratezza degli stimoli utilizzati, ma anche, e forse soprattutto, per poter intervenire prontamente in caso ci si accorga di una risposta adattattiva non prevista. In questo ambito è fondamentale la presenza e la professionalità del Preparatore Atletico.

Gli effetti degli stimoli

Inoltre, al concetto di eterocronismo degli adattamenti biologici precedentemente esposto è importante chiarire anche quali sono gli effetti degli stimoli e quindi dell’allenamento. 

Questi effetti si possono dividere in: 

  • effetti immediati del carico; 
  • effetti duraturi del carico; 
  • accumulo degli effetti duraturi; 
  • formazione delle capacità specifiche di prestazione. 

Per effetti immediati del carico intendiamo quelle variazioni fisiologiche e biochimiche che si verificano durante e immediatamente dopo l’allenamento. Ne sono un esempio l’aumento e la successiva diminuzione della frequenza cardiaca, della frequenza respiratoria e le variazioni biochimiche a livello ematico (ad esempio, lattato, glicogeno, ormoni) rispettivamente durante e dopo l’allenamento. 

Per effetti duraturi del carico intendiamo le modificazioni temporanee (semi-permanenti) a seguito dell’attivazione dei meccanismi specifici d’adattamento. 

L’accumulo degli effetti duraturi, quindi, è l’insieme delle variazioni: 

  • anaboliche (aumento strutturale); 
  • metaboliche (potenziamento dei vari meccanismi energetici); 
  • ormonali. 

La formazione delle capacità specifiche di prestazione, infine, è la sintesi, durante una competizione, di tutti gli adattamenti dal punto di vista: 

  • fisiologico; 
  • psicologico; 
  • tecnico; 
  • tattico. 
I cambiamenti provocati dall’allenamento

L’allenamento, quindi, può essere considerato uno stimolo che agisce sull’organismo e che è in grado di provocare in esso: 

  • cambiamenti momentanei (o aggiustamenti ), che regrediscono quando la seduta di allenamento termina o entro pochi minuti o poche ore dalla cessazione di essa. Si pensi, ad esempio, all’aumento della frequenza cardiaca o della temperatura del corpo mentre si sta correndo e il ritorno ai valori normali dopo alcuni minuti e decine di minuti dal termine della seduta di allenamento stessa; 
  • cambiamenti duraturi (o adattamenti) che invece permangono a lungo, cioè per giorni o addirittura per anni. Si pensi, ad esempio, all’abbassamento della frequenza cardiaca a riposo o all’aumento della concentrazione di alcuni enzimi dei muscoli. 
Ma qual è il meccanismo attraverso il quale si determinano nell‘organismo gli adattamenti? 

In linea generale si può dire che nel corso dell’allenamento, come anche durante una competizione, sia assiste ad un atteggiamento catabolico dell’organismo; ovvero si consumano molecole di origine biologica. All’interno dell’organismo, quindi, vi è anche un aumento degli ormoni catabolici (ad esempio il cortisolo) e una diminuzione degli ormoni anabolici (ad esempio il testosterone). 

Dopo la seduta, invece, si assiste di solito ad un atteggiamento anabolico dell’organismo, in cui l’organismo (ri)produce le molecole di origine biologica non soltanto per compensare le perdite che si sono avute nel corso della seduta stessa, ma, se l’allenamento è stato corretto (in termini di segnale qualitativamente e quantitativamente adeguato), allo scopo di ottenere degli adattamenti biologici. 

Tuttavia, è importante sottolineare come non bisogna distrarsi troppo con il concetto generale di tempi di adattamento e di recupero, nonché con gli effetti dell’allenamento, soffermandosi prevalentemente sulle informazioni che provengono direttamente dal singolo atleta, assolutamente più utili e importanti. 

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